I tessuti

LANA
I più antichi tessuti di lana a noi pervenuti risalgono all’età del bronzo e provengono dalla Danimarca e da altri paesi scandinavi. In età greco-romana quasi tutti i paesi del mondo erano produttori di lana, in particolare l’Italia meridionale, l’Egitto, la Grecia e l’Asia Minore. In Italia la produzione laniera, fiorente nel periodo imperiale, decadde in seguito alle invasioni barbariche per risorgere nel XII secolo. Da allora la penisola divenne tra i più importanti centri di produzione di tessuti di lana fino alla metà del 1300, quando iniziò il rapido sviluppo dell’industria inglese che mantenne il suo primato per secoli.

LINO
Fin dall’epoca neolitica il lino venne impiegato per la produzione dei tessuti in Egitto, dove la coltivazione e la lavorazione della fibra raggiunsero presto un alto grado di perfezione. In età molto antica il lino era conosciuto anche presso alcuni popoli europeo, come attesta il ritrovamento di frammenti lintei risalenti al 2500 a.C. nei villaggi lacustri della Svizzera.
Le aree italiche dove la fibra fu assai presto largamente coltivata erano la Regio Aliana, fra Po e Ticino, e quelle di Retorvium, presso Voghera, e di Faventia (Faenza), tutte menzionate da Plinio; tra i lini stranieri Plinio cita quelli della Spagna, della Gallia, dei Paesi Bassi e dell’Egitto.
Nel Medioevo la coltivazione della fibra si diffuse in tutta l’Europa, anche se la fibra egiziana riuscì a conservare la sua supremazia fino al 1300 circa. Fra il 1200-1300 la manifattura liniera iniziò ad espandersi nelle Fiandre, in Inghilterra e in Germania, dando origine a una sorta di “fascia del lino” che nei secoli seguenti interesserà l’Europa del Nord, dalla Svezia, attraverso la Sassonia e la Slesia, fino ai paesi Baltici; a ovest, questa “fascia” passava attraverso la Westfalia, le Fiandre, la Piccardia e l’Olanda, arrivando fino all’Inghilterra e all’Irlanda. In Italia la coltura del lino, sviluppatasi soprattutto a partire dal XV secolo in Lombardia, nel Veneto, in Emilia Romagna e nelle Marche, era in grado di rispondere, per gran parte, alla richiesta delle manifatture liniere installate nella stessa Italia fin dal Medioevo, fra cui quelle di Venezia e di Roma.

CANAPA
E’ ritenuta generalmente originaria dell’India, dove si trova tuttora allo stato selvatico e donde, fin dalla più remota antichità, fu introdotta in Cina, poi in Russia e nell’Europa occidentale.
In Europa il primo a farne cenno è Erodono, secondo il quale la fibra era conosciuta, tra il VI e il V secolo a.C. presso i Traci, che ne ricavavano indumenti. Era anche conosciuta dagli Etruschi – Tarquinia fu il centro di una importante manifattura lino-canapiera – e da Romani, che la impiegavano per la marineria. Ma nel territorio italico la sua coltivazione decadde durante le invasioni barbariche per risorgere soltanto in seguito alla crescente richiesta delle Repubbliche marinare, costrette per lungo tempo a rifornirsi di canapa russa negli scali del Mar Nero. Dall’inizio del 1000 la rinascita si verificò dapprima in Campania e dal XIII secolo nel Bolognese, che rimasero per secoli tra i maggiori centri produttori; ma dal XV-XVI secolo, essa si affermò in Italia provvedendo a gran parte del fabbisogno interno; le sedi delle più importanti manifatture furono Bologna, Venezia, Roma e Napoli.
In Europa la sua coltivazione, come la sua lavorazione, cominciarono a declinare nel XIX secolo, periodo on cui i prodotti canapieri vennero a essere gradualmente soppiantati da quelli di cotone e di fibre tessili di recente introduzione.

SETA
L’industria della seta ha avuto inizio verso il 2700 a.C. in Cina, dove per molti secoli i segreti della sua produzione vennero gelosamente custoditi. Solo verso la fine del II secolo tali segreti furono divulgati in altri paesi orientali (Giappone, India, Persia) da alcuni fuoriusciti cinesi.
La produzione della seta era invece sconosciuta ai romani, che la ritenevano originaria del mondo vegetale (Virgilio, Georgiche, descrive i cinesi – Seres – intenti a raccogliere la seta staccando la lanugine dalle foglie; l’errore si riscontra anche in Plinio, Naturalis Historia); d’altra parte essi conoscevano i manufatti di seta che, sotto forma di tessuti già confezionati, di filo o di matasse, venivano importati dalla Cina, fin dai primi secoli d.C.
Secondo quanto tramanda Procopio di Cesarea, l’introduzione della produzione della seta in Europa sarebbe dovuta a due monaci nestoriani che riuscirono a trasportare segretamente dalla Cina, ove erano stati inviati da Giustiniano nel 552, le uova del baco da seta a Bisanzio; da qui la sericoltura si diffuse in Grecia e nei paesi di dominazione araba. In Sicilia la produzione della seta fu introdotta nel 1146 da alcuni artefici provenienti da Atene, Corinto e Tebe, dopo la vittoria di re Ruggero in quei paesi (secondo il Marincola S. Floro la sericoltura era conosciuta nell’Italia meridionale anche prima della vittoria di re Ruggero, Statuti dell’arte serica in Catanzaro, 1880). Dal XIII secolo l’arte serica italiana si sviluppò, mantenendo il primato europeo fino al XVII secolo, quando anche in Francia la manifattura della seta iniziò a svilupparsi su vasta scala.

JUTA
L’uso della juta per la manifattura di cordami o di grossolani filati utilizzabili per l’intreccio di stuoie o per la tessitura di tipi ordinari di tela era conosciuto fin dall’antichità in India, dove per il clima caldo-umido la fibra bene alligna. Nei paesi occidentali la storia della fibra è invece relativamente recente.
Dall’India la juta fu introdotta in Europa solo nel XVIII secolo; in Inghilterra la fibra fu importata dapprima – intorno alla metà del 1700 – sotto forma di tele di sacco, e poi – a partire dal 1791 – in piccoli lotti di esperimento per la produzione di cordami.
Alla fine del XVIII secolo la fibra fu dall’India introdotta anche in America.
Alle sue origini l’impulso dell’industria europea della juta fu collegato ai periodi di crisi di alter industrie tessili, specie quella liniera e canapiera. Uno dei colpi maggiori subite da queste ultime fu inferto dal blocco continentale proclamato da Napoleone nel 1806, cioè il divieto ai paesi europei di svolgere traffici commerciali con l’Inghilterra. Così, a seguito dell’interruzione degli approvvigionamenti di fibre di canapa e lino russi, la manifattura di filatura di Dundee (Scozia) tentò, nella ricerca di nuove materie prima, la produzione di filati di juta: i primi risultati soddisfacenti furono ottenuti mescolando la juta al lino e alla canapa.

(“Coldagelli M.C., Torrioni N., Introduzione ai supporti tessili, in AA.VV., I supporti nelle arti pittoriche, storia tecnica restauro, parte seconda, a cura di Maltese C., Ed. Mursia”)

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